Gli eroi della guerra di Troia | Giorgio Ieranò

Elena, Ulisse, Achille e gli altri

Giorgio Ieranò ha un modo davvero coinvolgente di trattare i temi dell’antichità. È davvero affascinante come riesca a raccontare le storie delle varie divinità, eroi e mostri, suscitando il desiderio di apprendere sempre di più. Considerando le sfide che possiamo incontrare nell’avvicinarci a miti e testi antichi, oltre alla difficoltà nel far coincidere i nostri valori contemporanei con quelli del passato, è davvero ammirevole il modo in cui Ieranò affronta queste sfide. Egli presenta le molteplici versioni dei miti, non accontentandosi di seguire le strade già percorse da tanti altri. Questo approccio ci permette di esplorare nuovi orizzonti e di apprezzare la ricchezza e la complessità che caratterizzano le molte versioni dei miti.

Ieranò, oltre ad essere professore, è anche un abile narratore e di libri sull’antichità ne ha scritti parecchi. Tuttavia ci sono quattro titoli in particolare, tra cui Gli eroi della guerra di Troia (2015), che rappresentano quattro tasselli di un’unica narrazione. Olympos (2011), che ci racconta dei vizi, degli amori e delle macchinazioni degli antichi dei; Eroi (2013), che invece ci presenta la vita degli umani più eccellenti, inalzati a glorie inimmaginabili e maltrattati in pari misura e infine Demoni, mostri e prodigi (2017) che invece ci racconta di tutte le creature bizzarre e fantastiche che popolano la mitologia e l’irrazionale presenti nella Grecia antica.

Nel panorama, Gli eroi della guerra di Troia, narra le vicende e le vicissitudini di quel gruppo di eroi che presero parte a una delle guerre più incredibili della leggenda, che videro contrapposti gli Achei, guidati da Agamennone e i Troiani, governati dal giusto Priamo e condotti in battaglia da Ettore.

Le vicende di questi uomini fuori dall’ordinario sono legate indissolubilmente dal tradimento/rapimento di Elena, la donna più bella del mondo.
Elena era la moglie di Menelao, re di Sparta e fratello di Agamennone, e fin da piccola il suo destino fu segnato. Gli dei avevano già deciso quale sarebbe stato il suo ruolo nel mondo e tra i mortali, e lei non dovette far altro che adeguarvisi. Il disastro avvenne quando, ricevendo gli ospiti nel loro palazzo spartano, Elena vide per la prima volta Paride, figlio di Priamo, re di Troia. Le versioni del mito sono sempre molteplici.
Alcune più maligne, la dipinsero come la cagna traditrice, colei che tradì il marito, abbandonando il talamo nuziale e la figlioletta; altre, come vittima della lussuria del troiano, e delle macchinazioni degli dei, in particolare di Afrodite. Fatto sta che il suo allontanamento dal fianco del marito scatenò una guerra disastrosa tra i greci e i troiani. Ben dieci anni durò questa guerra, e la combatterono quelli che allora erano considerati gli uomini più virili, valorosi e potenti dell’antichità.


Ci sono Agamennone e Menelao, coinvolti personalmente per via del loro orgoglio e prestigio offeso. Agamennone, figlio del re di Micene Atreo, divenne re della prestigiosa città a sua volta, mentre Menelao divenne re di Sparta, sposando Elena. La loro sorte era gravata da un’ombra oscura, giacchè gli dei avevano maledetto la loro stirpe che discendeva da Tantalo.

Abbiamo il pavido Paride, che per forza di cose, almeno un poco alla battaglia era costretto a partecipare, senza farci una figura troppo brillante. Colui che per volere divino aveva segnato la sua sorte partecipando alla contesa che vide contrapposte Atena, Era ed Afrodite, per il titolo di divinità più bella. La scelta di Paride ricadde su Afrodite, che in cambio promise al giovane l’amore della più bella del mondo.

Ci sono Achille ed Ettore, i più grandi e i più terribili. Achille figlio di Teti, la titanide più bella di tutte, che cercò in ogni modo di rendere invincibile il figlio. Achille che mal sopportava i torti fatti alla sua persona e che con il suo comportamento scatenò conseguenze drammatiche e nefaste per la sorte dei suoi compagni e la distruzione di Troia.
Ettore, figlio di Ecuba e Priamo, principe di Troia, il più valoroso guerriero della città. Di lui conserviamo scene tenerissime di amore paterno nei confronti del figlioletto. Troverà la morte sotto le mura della sua città e dovrà subire anche l’onta del vilipendio del suo cadavere per placare la furia di Achille.

Ci sono anche Ulisse, l’astuto e cialtrone, poveretto, che oltre ai dieci anni passati a escogitare stratagemmi per prendere Troia, ne dovrà passare altri dieci per mari e per terre lontane, prima di poter rimettere piede nella sua tanto agognata Itaca. Riuscirà a inimicarsi anche qualche a eroe a causa del suo caratteraccio.

Diomede, selvaggio, violento e intrepido. Sfiderà i più grandi durante la guerra troiana, persino gli dei.
Aiace, principe di Salamina. Le leggende narravano che fosse stato allevato dal grande Eracle in persona. Non farà una bella fine e verrà umiliato e osteggiato da Ulisse.
C’è Filottete. Antico amico di Eracle, aveva provveduto ai funerali dell’eroe. Da lui aveva ereditato l’arco, che maneggiava con maestria impareggiabile. La sua storia è particolare: durante la traversata compiuta per raggiungere Troia fu morso da un serpente. La ferita si imputridì, producendo una piaga inguaribile. Le pene di Filottete erano talmente grandi che riuscirono a turbare l’esercito acheo. Ulisse suggerì guindi di lasciare il guerriero su un’isola. Fu scelta l’isola di Lemno. Qui sarà costretto a sopravvivere e nel farlo si trasformerà in un vero selvaggio. Tuttavia una profezia aveva svelato che per vincere la guerra, gli eroi greci avrebbero avuto bisogno dell’arco di Eracle, e l’arco di Eracle era con Filottete. Ulisse decise quindi di fare dietro front, e nel mentre cercava di escogitare una qualche nuova furbizia per poter sottrarre l’arma all’eroe. Fu scelto per compiere il furto Neottolemo, figli di Achille, altro bel peperino.
Ma tra Neottolemop e Filottete si instaurò un dialogo e un principio di amicizia. Neottolamo riuscì quindi a convincere gli altri a riprendere Filottete e una volta arrivato nel campo acheo, venne finalmente curato. Ma perchè era tanto importante che Filottete e il suo arco partecipassero alla battaglia? Perchè furono le frecce di quell’arco a uccidere Paride, e a ristabilire così una sorta di equilibrio.

Neottolemo, chiamato Pirro per il colore dei suoi capelli, era figlio dell’eroe Achille. Per quanto venne sempre descritto come un giovane limpido e generoso, i resoconti delle sue gesta mostrano invece un individuo spietato e disgustoso. Si distinse infatti per la crudeltà con cui mise a ferro e a fuoco la città di Troia, una volta conquistata. Uccise il vecchio re Priamo, davanti a sua moglie, sull’altare di Zeus. Ma non solo, perchè fu artefice di un altro lutto per la casata dei troiani: uccise il piccolo Astianatte, figlio di Ettore e Andromaca, gettandolo giù dalle mura di Troia. Non contento, prese la madre del bambino come sua schiava.

Ci fu anche un altro Aiace, diversissimo da quello maggiore, citato poco più sopra. Eroe abilissimo nel combattimento e veloce nella corsa, si macchiò della violenza ai danni della profetessa Cassandra sull’altare di Atena, e per questa empietà si scatenò contro l’odio perenne della dea. Nonostante i molti pericoli che la divinità scagliò contro di lui, Aiace riuscì a salvarsi e a tornare a casa. Ma commise un errore: si vantò di essere riuscito a salvarsi grazie alle sue proprie forze, e che nemmeno l’ira degli dei poteva nulla contro di lui. Inutile dire che gesti e parole così sciocche erano le prime ad essere udite dagli dei, e per questo Poseidone lo fece annegare.

Questi sono gli eroi virili che presero parte alla guerra di Troia.
Ma ci furono anche delle eroine, che dovettero subire molto di più e più duramente.

Elena. Lei, la donna che ha causato tutto questo pandemonio. La sua vita è stata costantemente e irrimediabilmente segnata dalle macchinazioni di Amore. Nel mito e nei secoli è diventata la donna fatale, portatrice di una bellezza che semina morte e rovina, una sorta di maleficio che non risparmia nessuno. Come la stirpe di Agamennone e di Menelao fu maledetta, anche quella di Elena e di Clitennestra (si sono sorelle!), fu segnata dall’odio della potente Afrodite, che non venne adeguatamente omaggiata durante la celebrazione di un sacrificio. La maledizione che doveva colpire il padre, ricadde invece sulle figlie che vennero condannate a essere adultere. La sua infanzia fu segnata dalla violenza, la sua vita di giovane donna pure, e dopo la caduta di Troia dovette affrontare anche gli oltraggi dei vinti e dei vincitori. Tuttavia i miti che la riguardano sono talmente ricchi e pieni di sfumature che la sua figura diventa troppo complessa e articolata per essere racchiusa in pochi semplici aggettivi.
Ecuba, moglie di Priamo e madre di Ettore e Paride. Dovette subire la sorte peggiore. Lei rappresenta infatti la personificazione della sfortuna più nera. Dapprima signora di una delle città più belle e potenti d’Asia, si vide uccidere sotto lo sguardo impotente i figli, il marito e il nipote. Vide le sue figlie, violate e prese come bottino di guerra. Lei stessa divenne schiava e secondo alcuni miti finì la sua vita trasformata in una cagna.
Cassandra, la profetessa, ricevette la vista da Apollo. Ma per una crudele vendetta del dio ella era destinata a non essere creduta. Venne presa come schiava da Agamennone e portata a Micene, dove le toccò una sorte violenta e terribile per mano di Clitennestra e di Egisto.
Andromaca, moglie di Ettore, è invece la figura più opaca. Piena di virtù e tutta per la casa del marito, sembra essere completamente rassegnata agli orrori che si sono abbattuti su di lei e la sua città. Assiste alla morte del marito e del figlio, e dai dialoghi che ci sono pervenuti tra lei ed Ecuba, ci sembra di assistere a una conversazione tra un fantasma e una creatura vivente.

E poi c’è Clitemnestra, sorella di Elena e moglie di Agamennone. Se Elena è passata alla storia come la puttana, Clitemnestra diventa qualcosa di peggiore. Non solo adultera ma anche uxoricida. Eppure le azioni di Clitemnestra possono essere spiegate con alcuni semplici fatti. Dapprima sposa di Tantalo, divenne moglie di Agamennone in seconde notte, dopo che questi assassinò suo figlio e suo marito. Costretta a sposare questo esempio di valori e buone virtù, ebbe da lui altri figli e figlie.
A causa di un torto che Agamennone aveva fatto agli dei si vide costretto a sacrificare sua figlia Ifigenia, e per riuscire a portarla sul luogo del sacrificio mandò Ulisse, altro campione di lealtà e buoni propositi, e tale Taltibio da Clitemnestra. Questo inganno produce un rancore così feroce nel cuore della regina, che la porterà a macchinare ogni sorta di trama pur di vendicarsi. Nel frattempo troverà un compagno in Egisto. Al ritorno dalla guerra Agamennone porterà con se la giovane Cassandra, e il suo destino sarà così segnato.
Ovviamente Clitemnestra non farà una bella fine, ovviamente la figura che ci è stata tramandata è critica e piena di pregiudizi. Tuttavia, tra le tante figure che popolano questi incredibili miti, a me pare, che sia quella che in ogni modo abbia cercato di fare delle scelte che plasmassero la sua vita secondo i suoi comandamenti, e non secondo i capricci degli dei.

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Gli eroi della guerra di Troia | Giorgio Ieranò

Marsilio ✶ Universale economica Feltrinelli

Anno 2021

235 pag., brossura

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